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Ermafrodite armoniche: il contralto nell’Ottocento Marco BEGHELLI – Raffaele TALMELLI, Ermafrodite armoniche: il contralto nell’Ottocento, con testimonianze di Michael Aspinall, Richard Bonynge, Elisabetta Fiorillo, Franco Fussi, Angelo Manzotti, Nico Paolillo, Adriana Rognoni, Gloria Scalchi, Huguette Tourangeau, Varese, Zecchini Editore, 2011, 215 pp. + 1CD [G61.9, AdC]

Il contralto è morto. O forse no: semplicemente cerchiamo oggi ciò che non è, rigettiamo ciò che sarebbe. L’ascolto delle pionieristiche registrazioni di contralti attivi negli ultimi anni dell’Ottocento ci rivela voci di inimmaginabile ambiguità sonora: baritonaleggianti al grave, sopranili in acuto, senza nessun tentativo di mascherare lo scarto di registro ed anzi sottolineando le differenze con effetti da jodel. Dilettanti? Eppure furono le voci predilette da Wagner e Saint-Saëns, Strauss e Toscanini! Risalendo i decenni, scopriamo che l’appellativo audace di “ermafrodite armoniche” era stato speso con la più alta ammirazione per cantanti del calibro di Maria Malibran e Marietta Alboni, mentre emissioni baritonali furono apprezzate in castrati come Farinelli, Carestini, Pacchierotti, Marchesi. Il Novecento ha però spazzato via l’androginia della “voce doppia”, la tradizione operistica del “contralto sopranile”, preferendo il mezzosoprano d’estensione più contenuta ma omogenea, con acuti sonori e ben “coperti”, note gravi prive di eccessive risonanze “di petto”. E i “veri” contralti che hanno tentato di riproporre in pubblico il dualismo vocale naturalmente presente nella loro voce sono stati emarginati dalla vita teatrale. Documenti sonori (nel Cd allegato) e verbali (tante testimonianze d’epoca) s’intrecciano in questa trattazione assolutamente originale, che porterà il lettore (nonché ascoltatore) a dischiudere i segreti di un mondo solo apparentemente perduto.

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